L’Unione dei Sardi – Progetto Nazionalitario (UDS ) è un partito politico democratico-cristiano a carattere regionale.
Suo leader è Mario Floris, ex-Democristiano capogruppo in Consiglio Regionale e Presidente della Regione Sardegna dal 1999 al 2001.
Fu fondata nel 1998 come la sezione sarda dell’Unione Democratica per la Repubblica di Francesco Cossiga, anch’egli sardo, ex-Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio.
Nel 2004, alle elezioni regionali del 2004 ha ottenuto il 3,9% ed eletto 2 consiglieri, nel 2009 ha subito una flessione ottenendo il 3,5% in condominio con altre forze politiche, e ha mantenuto in Consiglio solo il suo segretario. Lo stesso Mario Floris è poi divenuto il 4 ottobre 2010 Assessore degli Affari Generali, Personale e Riforma della Regione Sardegna nella Giunta guidata da Ugo Cappellacci.
Alle elezioni regionali del 2014 l’UDS si ripresenta nella coalizione di centro-destra a sostegno della candidatura del governatore uscente Cappellacci, ottenendo un seggio al Consiglio regionale.
Scarica l’ATTO COSTITUTIVO E STATUTO UDS.
Il simbolo del Partito
“Circonferenza con filetto di colore nero ed area interna di colore bianco, contenente all’estrema sinistra un’immagine di colore verde raffigurante un bronzetto di guerriero nuragico armato di spada, elmo e scudo, con sguardo rivolto frontalmente.
Dai pressi della sommità dell’immagine succitata si diparte, seguendo dall’interno la linea di circonferenza per uno sviluppo di oltre due terzi della stessa, una dicitura di colore rosso vivo recante lo slogan “PROGETTO NAZIONALITARIO” realizzato in carattere “helvetica black”.
Disposto al dissotto di detta dicitura un gruppo di nove stelle gialle si sviluppa sino a formare una semicirconferenza interrotta nella parte sinistra, in alto dall’immagine del guerriero nuragico,in basso dalla lettera “u” della dicitura “uds””.
L’ UDS intende affermare l’autonomia nazionale sarda per costruire nella pace e nel progresso lo sviluppo economico e civile della sua gente, valorizzando le risorse umane e produttive locali, aprendo la sua identità all’ incontro con gli altri popoli e nazioni del mondo.
La mondializzazione dell’economia e delle conoscenze, lo sviluppo tecnologico, l’interdipendenza trai popoli pongono la nazione sarda in continua integrazione e collegamento con gli altri sistemi, le altreculture, le altre comunità.
La Sardegna vista non come «Nazione» chiusa nell’orgoglio della sua «diversità», del suo «folclore»etnicoe culturale,ma inserita ugualmente e modernamente con le altre realtà del mondo.
Esistono, infatti, precise ragioni scientifiche, storico-culturali, giuridico-istituzionali e socio-economiche che supportano inequivocabilmente il diritto naturale dei sardi di costituire una «nazione».
Il concetto di «nazione» si riferisce a un insieme di esseri umani che presentano forti caratteri di omogeneità (e di distinzione dalle altre «nazioni») riguardanti aspetti fisiologici, valori culturali, passato storico, modi di vivere tradizionali.
Da ciò si comprende quindi come l’esistenza di una «nazione» non dipenda dalla realizzazione di una entità politico-istituzionale, ma riguardi l’appartenenza di un gruppo di esseri umani ad una entità che ha una comune base etnico-culturale e storica.
Siamo contrari a un federalismo omologante e livellatoredi Regioni che non hanno uguale «diversità» statuale e nazionalitaria.
Occorre in questo momento un «pensare comune»di tutte le forze politiche sarde per fronteggiare ipericoli di un sistema federalista generalizzato pertutte le Regioni, concesso benevolmente dallo Statoper conservare sé stesso: ovvero un «federalismo gattopardesco».
S’avanza oggi in Italia un «federalismo asimmetrico alla rovescia»i di stampo nordista destinato a porre altre derive economiche e istituzionali nei confronti delle isole e del meridione.
L’UDS condivide la proposta di legge presentata dall’allora Senatore Cossiga per l’istituzione della «Comunità Autonoma della Sardegna», adattando laCostituzione della Catalogna alle nostre antiche tradizioni di autonomia e ai principi generali dell’ordinamento costituzionale italiano, secondo i criteri di quel «federalismo asimmetrico» cui è informato l’ordinamento costituzionale della Spagna,Stato che ha nel suo ambito «Nazioni senza Stato» o«Nazioni non compiute», quali appunto la Catalogna e ancora i Paesi Baschi di Spagna, il Paese Valenziano, le isole Baleari e altri territori, come ad esempio nella Repubblica Italiana: il Friuli, il PaeseLadino, Trieste, la Val d’Aosta e il Tirolo del Sud.
Un regime di autonomie differenziate, quindi, secondo la propria storia, la propria posizione geografica, la propria struttura economica e sociale, la propria specifica cultura e la propria originale lingua: la Sardegna, per l’appunto!
«Noi siamo più italiani di voi – disse Cossiga ai rappresentanti dei Consigli Regionali d’Italia riuniti a Roma-perché voi siete nati in Italia e non avete operato nessuna scelta; noi sardi per essere italiani abbiamo rinunciato alla nostra sovranità».
Il Popolo Sardo proclama come valori fondamentali della sua vita collettiva la libertà della persona umana e delle comunità naturali, la famiglia, la gente, il comune, la giustizia, la solidarietà, l’eguaglianza ed esprime la sua volontà di avanzare verso una via di progresso che assicuri dignitose qualità di vita a tutti coloro che vivono e operano in Sardegna, qualunque sia la nascita e la loro origine.
L’UDS non pretende di portare avanti questo Progetto come l’unico partito nazionale o «nazionalitario» sardo, ma vuole che partecipi un più ampio «Fronte nazionalistico sardo» che comprenda chi la «pensa come noi»: di sinistra, di centro e di destra.
LA STORIA DEI SARDI
NON PUÒ ESSERE LA STORIA DEGLI ALTRI
L’anelito nazionalistico sardo ha permeato nei secolila vocazione autonomistica dell’isola ed è assurto a dimensione statuale già nel sec. XII durante il ferventeperiodo giudicale con il riconoscimento della“Nacion Sardesca” da parte dei dominatori stranieri delle altre zone dell’isola, (Barisone d’Arborea venne incoronato Re di Sardegna, in Pavia, da Federico Barbarossa, nel 1166).
La Carta de Logu è la testimonianza di una soggettività statuale della Nazione Sarda nella sua radiceetnica di popolo e di nazione.
Il pathos nazionalitario si corrobora nel tempo attraverso gli altri eventi storici che hanno segnato l’isola, con la resistenza antiaragonese e al dominio spagnolo (XIV-XVII sec.) e piemontese.
Dai moti antifeudali e libertari angioyani del ventennio della rivoluzione sarda autonomistica (1792-1812) l’isola passò alla “fusione” del 1847 nello Stato sabaudo e risorgimentale abbandonando una propria autonoma identità semi-statuale: il Parlamento espressione delle classi in cui era diviso il popolo sardo,e cioè i gloriosi Stamenti del Regno, la Reale Udienza e cioè la Suprema Corte di giustizia sarda, la nostra propria bandiera terrestre e marittima, le nostre parlatee la nostra lingua: “È una pazzia collettiva dei sardi”, disse Siotto-Pintor, così come fece dire a Cesare Balboammonendo politici e intellettuali sardi che si erano recati a Torino per chiedere la perfetta fusione con gli Stati di terraferma: “Voi rinunciate a qualcosa per la quale gli irlandesi lottano, sacrificando anche la vita, da oltre quattrocento anni”
IL PROGETTO NAZIONALITARIO SARDO CHE L’UDS STA PORTANDO AVANTI NON È NÈ DI DESTRA, NÈ DI SINISTRA, NÈ DI CENTRO: È L’IDEA DI TUTTI I SARDI.
Per più di un secolo l’impostazione culturale e didattica dello Stato italiano ha cancellato dai programmi scolastici la specificità della nostra terra, utilizzando gli strumenti della conoscenza come fatto di colonizzazione e di dominio.
Il “genocidio” culturale e linguistico compiuto in poco più di un secolo dallo Stato unitario non si è verificato in cinque secoli di dominazioni esterne nell’isola.
Alla colonizzazione culturale è venuta ad aggiungersial tempo dell’autonomia “speciale” la colonizzazione economica, soprattutto l’occupazione petrolchimica deiterritori più suggestivi della Sardegna, che ha portato in Italia i guadagni e i tributi lucrati sullo sfruttamento dell’ambiente e ha provocato la fuoriuscita dell’isola dall’Obiettivo Uno della Comunità Europea.
L’ UDS sarda rivendica nel suo Progetto una “piena”autonomia finanziaria senza la quale non può esistere una autonomia statuale e nazionale:la Sardegna deve introitare tutti i tributi che vengono riscossi nell’isola senza nulla versare allo Stato nazionale, per gli handicaps dovuti alla sua insularità.
Siamo per uno Stato federalista, uno Stato-plurale di Comunità-Nazione come in altri Paesi del Mediterraneo e del mondo occidentale.
Uno Stato che devolva funzioni che oggi sembrano tabù nella sua cultura difensiva e autoritaria post-bellica:la decentralizzazione dei compiti di polizia, come si riscontra nei vari Stati federali (Germania, Canada, StatiUniti d’America, Australia e Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord anche se non vengono normalmente considerati Stati federali) e in Catalogna,Paesi Baschi e Navarra, Nazioni senza Stato che godonodi forme di organizzazione istituzionale semi-statuale,dotate di polizie autonome.
La sicurezza locale si avvantaggerebbe sicuramentedella presenza di persone e apparati che conoscono beneil territorio e l’ambiente umano e psicologico delle nostre comunità.
Una concezione nuova e moderna dello Stato nazionalitario sardo, senza indulgere al mito anacronistico e perdente dell’indipendentismo eroico e sognatore e di un sardismo nostalgico vecchia maniera, ma legato all’Italia e all’Europa e ai paesi del Mediterraneo in forme nuove e dirette di partecipazione e integrazione economica e culturale.
Il rapporto sarà sempre di più con l’Europa: la Comunità Europea va oltre talvolta le regole nazionalie impone le sue leggi e i suoi regolamenti: ecco perchéoggi si può iniziare a parlare di «Federalismo Comunitario».
Il federalismo europeo (la Confederazione Europea)non può non essere, a maggior ragione, con il prossimoingresso delle galassie nazionalitarie dell’Est europeo,l’Europa delle regioni e delle «Nazioni senza Stato».
Nell’era sovranazionale dell’umanità la nuova Europa delle Regioni e dei piccoli Stato-Nazione, non dei grandi Stati tradizionali, servirebbe peraltro a risolvere la questione storica delle «revanches» nazionali che s’aggira nel Continente da secoli.
Il fatto che non esiste più una moneta nazionale per ogni Stato è un segno emblematico dell’avvicinamento a questo grande obiettivo.